martedì 24 febbraio 2009

ODE A CAPEZZANO MONTE










































































































Chi ha la fortuna di vivere in campagna, trascorrendovi i primi anni della fanciullezza ed assaporandone i dolci profumi fin dai primi, incerti passi, sa già di essere un privilegiato. Niente è pari al potersi sdraiare in mezzo ad un letto di erba verdissima, inseguire un gatto dispettosamente svegliato dal proprio sonnellino di routine e arrampicarsi lungo un' antico ciliegio per mangiarne i frutti dolcissimi. Le mille battaglie con i soldatini, scavando la terra con la paletta fregata dalla cassetta degli attrezzi di papà, le pozzanghere trasformate in paludi ed acquitrini che perfettamente si prestavano a scenari bellici ricchi di suggestione per la fervida fantasia di un bambino. Che poi questi, insieme alla passione per i giocattoli, coniugasse la propria indole di monello irriducibile con l' amore per gli animali, finiva sempre per cacciarsi in qualche guaio: per esempio va detto che sua madre prese assai poco sportivamente il fatto che il fanciullo ebbe a misurarsi con il mondo della scienza immergendo del tutto il piccolo cane della vicina. Vagli a spiegare che la scienza è sperimentazione ed osservazione metodica dei fenomeni naturali... Ciò detto, vanno pure ricordate le lunghe camminate in salita per ritornare a casa dopo aver fatto visita all' amatissima zia Norma - che abitava dall' altra parte del paese - e che richiedevano una preparazione atletica paragonabile unicamente a quella di una competizione olimpica a tutto tondo. I primi amici ed amiche in quell' asilo governato da suore che avevano prestato servizio come sergenti della Gestapo nel corso dell' ultimo conflitto mondiale: Dario, la Carmen, l' Arianna, l' Elisa, la Flavia e molti altri che il mio prematuro rincoglionimento mi impedisce di ricordare. Facile invece tornare con il pensiero al tardo pomeriggio davanti a quella scalcinata televisione (in bianco e nero!) guardando l' Ape Maia, Remì e Mazinga Z, assaporando le merendine del Mulino Bianco e scrutando quelle scatoline (sembravano quelle dei fiammiferi) dove ci trovavi sempre sorprese diverse. L' antica pozza dove ancora oggi mia zia ed i suoi vicini lavano i loro panni come si faceva una volta, allora come adesso si prestava a spettacolari battaglie navali con le nostre barchette di carta, allo stesso modo con cui si prestava meravigliosamente alla funzione di piscina rionale nelle torride giornate estive. Il "Corriere dei Piccoli", il giornalino "Più" e "Topolino" rallegravano le mie ore prima ancora che imparassi a leggere, mentre mia madre si fermava a conversare con gli anziani di Capezzano riguardo agli ultimi pettegolezzi ed io sognavo ad occhi aperti di pilotare Goldrake! I tanti moccoli di mia madre - ogni volta che si guastava l' infame 500 Fiat a metà strada fra Capriglia e Pietrasanta - e le imprecazioni che scandivano la lunga marcia per raggiungere la più vicina officina, a Porta a Lucca. Si potrebbe raccontare ancora un miliardo di altre cose, ma la mia indole dispettosa ed irriverente mi comanda di lasciare seduta stante la tastiera ed andarmi ad ingozzare di gazzosa e salatini, non prima di aver mandato affanculo dal balcone l' ottuso vicino di casa che ha appena parcheggiato in seconda fila.

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Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."