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domenica 20 settembre 2009

ABRUZZO NEL CUORE

Ciao a tutti.
Sono tornato da un paio di giorni dall' Abruzzo e saluto con affetto ed amicizia tutti gli amici che seguono il mio blog.
Sono rientrato prima del previsto (sono stato a L' Aquila per meno di una settimana, a fronte delle due settimane inizialmente messe in preventivo) per rispondere ad un improvviso colloquio di lavoro (civile) che richiedeva la mia urgente attenzione e la mia presenza fisica a casa.
Considerando che poi io mi sono recato in missione da "disoccupato" (ovvero nessuno mi rimborserà uno stipendio per i giorni in Abruzzo) ma solo per umanità e spirito di solidarietà, era il caso di correre ad esaminare questa benedetta offerta di lavoro. Con i tempi che corrono...
Tuttavia, sei giorni di Abruzzo mi sono stati più che sufficienti per farmi un' idea assolutamente chiara e cristallina della situazione della popolazione aquilana vittima del tremendo sisma dello scorso 6 aprile.
Cosa dire? Non lo so nemmeno io. Da quando sono tornato a casa, mi succede di piangere o commuovermi anche per cose banali: non me lo spiegare razionalmente.
Sto scrivendo questo racconto muovendomi con la stessa grande cautela di un artificiere che disinneschi un ordigno lavorando in un campo minato.
Già dopo un paio d' ore al mio arrivo al Campo della Croce Rossa di Collemaggio, nel cuore de L'Aquila, avevo tante cose da dire: sentire un' anziana che ti ferma disperata e ti dice: "io sono una nonna, ho perso casa e tutto quanto..." e poi si ferma perchè la voce le si strozza in gola e comincia a piangere, beh... Queste cose ti tagliano le gambe.
Ma cominciamo dal principio. Sono partito da casa il giorno 12 settembre, portandomi appresso un altro collega che risiede ad un paio di chilometri da casa mia: ci accompagnava mia moglie (che poi ci avrebbe lasciati all' uscita del casello di prato Ovest) e poi sarebbe tornata a casa da sola.
A Prato ci venne a prendere il collega civile Giovanni Morganti (grande!!!) che - dopo aver raccattato un terzo collega (un capitano emiliano), ci ha portato diretti verso l' Abruzzo.
Un paio di soste ai vari autogrill per pisciare e prendersi un caffè e, tra una chiacchiera e l' altra per approfondire la conoscenza tra colleghi e poi di nuovo sul serpentone d' asfalto bollente.
Viaggio tranquillo, autostrada sgombra o quasi e, quando vedi davanti a te i rilievi attigui al Massiccio del Gran Sasso, capisci che siamo praticamente arrivati. L' armonia del paesaggio ti trasmette un senso irripetibile di rispetto ed amirazione, per quelle forme che fino a quel momento avevo visto solo sui libri di testo ai tempi della scuole o sulle pagine di atlante geografico di quel periodo.
L' arrivo in città è quasi immediato, con tutto quel carico di curiosità che mi trascinavo da molto tempo addietro, e cercavo di scrutare tra gli edifici nella mia visuale un segno tangibile di ripresa, di vera ricostruzione dei palazzi flagellati dalla catastrofe; il nostro autista Giovanni ci spiegava nei dettagli le realtà locale, raccontava vicende vissute in prima persona e da altri colleghi volontari civili e... all' ascolto del suo resoconto personale, restare senza parole era la reazione più normale e fisiologica. Niente da capire, come cantava De Gregori.
Arrivo al Campo base della Croce Rossa Italiana e registrazione del sottoscritto e degli altri due volontari : tre uomini del Corpo Militare CRI adesso sono ufficialmente a disposizione dei dirigenti della Protezione Civile. Naturalmente sappiamo già che siamo lì solo di passaggio e, dopo la formalità della registrazione (una formalità dovuta) , la nostra prossima destinazione sarà Collemaggio.
Confesso che, nella mia oceanica ignoranza, non avevo mai sentito parlare di questo posto. A niente mi serve apprendere di Celestino V, della Perdonanza, etc.... Per me è tutto una novità, probabilmente è uno di quegli infiniti aneddoti storici che la mia memoria si è rifiutata di conservare. Boh.
Detto questo, arriviamo alla nostra destinazione "definitiva" (oddio, detto così suona un po' sinistro e macabro, meglio dire che abbiamo raggiunto il luogo della missione), ovvero il campo di Collemaggio, tranquilla zona ai piedi dell' omonima basilica cristiana.
Come al Campo Base, la prassi prevedeva l' ennesima registrazione dei propri dati personali presso la tenda adibita a segreteria ( il luogo dove si prendono le decisioni importanti) e immediata presentazione al capocampo, il vero "boss" e comandante civile della tendopoli. Questi ci informa che i gradi militari qua non hanno valore alcuno, tutti sono sullo stesso piano e devono fare riferimento unicamente a lui, in quanto vertice assoluto del campo. Niente da eccepire.
Nessun problema per me. Sono sceso per dare una mano, non per fare l' "ufficiale" ma per fare tutto ciò che serve. E che cazzo, stiamo parlando di una catastrofe, mica di una partita a briscola. Qua c' è bisogno di gente che si rimbocchi le mani e si dia concretamente da fare.
A me andava benissimo così, anche perchè io da sempre sono abituato a farmi un culo così e quella situazione non mi andava affatto stretta ma, anzi, mi permetteva una volta tanto di essere utile sul serio.
Di fatto, una volta chiariti i pochi ma importantissimi concetti di cui abbiamo appena parlato, ci viene mostrata la nostra tenda e, sanza perderci in altri indugi, sistemiamo le nostre carabattole all' interno di essa. La tenda era piccola, il confort non era il massimo ma... pensando che quella povera gente residente a Collemaggio viveva in quelle condizioni da molti, troppi mesi: ogni lamentela sarebbe stata non solo fuori logo, ma pure vergognosa. Con uno dei miei colleghi (il milite Balderi), mi sono recato a dare un' occhiata nel centro storico dell' Aquila, appena riaperto al traffico ad eccezione della "zona rossa", quella maggiormente danneggiata dal sisma.
Ad ogni maniera, qui comincia un viaggio straordinario a livello umano. Già dopo due ore alla scoperta del campo, avevo riempito la mia anima di cose da tenere in me per tutta la vita, e forse oltre. A cominciare da un' anziana signora che, vincendo la naturale ritrosia causata dal trovarsi di fronte uno sconosciuto ( a per di più con indosso una uniforme militare ) mi venne tranquillamente incontro poche ma significative parole: -"Siete i militari della Croce Rossa? Guardate un po' come siamo messi. Io sono anziana e sono rimasta senza un tetto, senza una casa, senza niente..."- e cominciò a piangere. Beh... Lì per lì cercai parole di conforto nel profondo dell' anima, ma non trovando niente di intelligente da dire, abbracciai la signora e - non appena mi fu possibile - mi ritirai in tenda in solitudine ritrovandomi a piangere come un bambino. Quelle parole erano pesanti come macigni, non sapevo come dare sollievo alle pene di quella povera anziana (che peraltro era solo la punta dell' iceberg e che riassumeva lo stato d' animo generale di tutti i residenti nel campo) ed il senso della mia inutilità era schiacciante. Cosa ci stavo a fare lì? Come avrei potuto riportare un sorriso dove neanche un miracolo (?) sarebbe parso probabile? Mamma mia come si sta male quando non si può aiutare - e sul serio - una persona.
Dopo un po' di riflessioni silenziose, andai a prendere una boccata d' aria fresca, incrociando sui miei passi un' altra simpatica anziana che, sorprendentemente, mi regalò un gelato che aveva appena acquistato: nonostante il mio stupore ed il mio garbato rifiuto in senso di complimento, la simpatica vecchietta insistette talmente tanto da farmi accettare quel suo dono così generoso e così inaspettato. Cose che succedono solo a Collemaggio.
Non ebbi tempo di terminare di gustarmi il mio fresco dono che un anziano di passaggio mi chiese informazioni su quella che fosse in genere l' attività della Croce Rossa Italiana e, per quanto mi fosse possibile, risposi in maniera esauriente alle sue domande, nonostante egli m' interrogasse con grande competenza e padronanza dell' argomento, quasi egli volesse verificare il mio reale grado di preparazione. La chiacchierata proseguì toccando altri temi quali le ormai lontane esperienze militari del vecchietto ai tempi dell' ultimo conflitto mondiale, argomento che ascoltai con grande interesse data la mia passione da sempre per le vicende belliche.
Ergo, dopo essermi congedato rispettosamente dal mio interlocutore, mi ritirai stanchissimo nella mia tenda abbandonandomi al sonno più profondo (non prima di essermi assicurato di avere messo i tappi di gomma alle orecchie, dato che avevo appena appreso di dover dividere la mia tenda con due russatori professionisti che mi avrebbero dato del filo da torcere.
Peraltro, nel corso della notte, il mio sonno venne disturbato da quel noiosissimo stimolo che ti costringe ad alzarti dal letto per andare ad espletare quell' odioso bisognino fisiologico che t'impedisce di proseguire la tua permanenza nel mondo dei sogni. C' è poco da dire: se non vai al bagno, non potrai continuare a dormire. Farsela addosso per la pigrizia non è una delle opzioni più praticabile, mentre lo scorrere del tempo rende lo stimolo sempre più forte e richiama alla realtà. Dannazione, mi metterei a pisciare nella bottiglia del capocampo pur di non alzarmi nel cuore della notte, con questo freddo che mi è entrato già nelle ossa.

L' ultimo colpo di coda della pigrizia è vinto, mi alzo e cerco i calzini (con questo freddo abruzzese non si scherza) prima di infilare le scarpe da tennis che mi sono portato appresso per le uscite in abiti borghesi nel tempo libero. Mi avvolgo nelle coperte a mo' di beduino e, dopo avere aperto cautamente l' ingresso della tenda, mi butto nelle tenebre della notte alla ricerca del modulo - cesso (ovvero un container adattato a ricoprire le funzioni di gabinetto da campo).
Malinconico nella notte, con l' andatura incerta di chi è profondamente rincoglionito dal sonno e non vede l' ora di tornarsene a letto, sembro una di quelle creature da incubo delle fiabe, di quelle che le mamme e le nonne usano per minacciare i bambini quando fanno i capricci. Dopo attimi che sembrano giorni, giungo infine al container dei cessi salgo la scaletta come un astronauta in procinto di salire a bordo dello shuttle e mi rinchiudo in uno dei gabinettini interni.
Dopo la mia pisciatina, me ne torno fiero e soddisfatto sui miei passi, soddisfatto come se avessi attraversato il deserto del Sahara (invece che aver persorso una cinquantina di metri in linea d' aria) e, tornato nel gradevole tepore della tenda, me ne torno lentamente nella mia cara brandina da campo.
L' indomani si comincia con i turni di guardia alla carraia (per chi non avesse dimestichezza con la terminologia militare, si tratta in sostanza di sorvegliare e presidiare l' ingresso principale (che tra l' altro era anche l' unico), chiedere i documenti alla gente in ingresso ed altre scocciature che però di fatto erano maledettamente necessarie per garantire la sicurezza a tutta la struttura.
Essendo solamente in quattro a sorvegliare la carraia - che doveva essere sorvegliata per tutte le 24 ore - organizzai una turnazione di 6 ore, ovvero ogni coppia di volontari (militari o civili) avrebbe avuto 6 ore di riposo, poi sei ore di guardia, seguite da 6 ore di riposo e così via. Ovviamente, quando una coppia di guardie era di guardie, l' altra era di riposo: un po' come l' alternanza tra il sole e la luna (cazzo, che esempione!)...
Quando io ero di riposo, in tutta sincerità il tempo era così poco e la stanchezza accumulata era tale che mi interessava solamente dormire; a chi mi diceva che quel giorno era prevista la visita di un vip (?) rispondevo in maniera vaga ed elusiva che probabilmente me ne sarei rimasto nella mia tenda a dormire.
In tal senso si può comprendere come mai, a chi mi dicesse: -"O, alle 11 viene Fini... Non lo vieni a vedere?"-, io rispondevo prontamente con pragmatismo toscano: -"Sinceramente m'importa una sega di lui e di tutti gli altri. Io me ne vado a dormire e mi dovete chiamare solo se al campo viene in visita Monica Bellucci o se danno fuoco alla tendopoli. Buonanotte!"-
E me ne andavo a dormire senza altro aggiungere.
Alla stessa maniera, quando furono annunciate le visite, per i giorni a seguire, del cardinale Bagnasco, Rocca (purtroppo solamente il commissario CRI, non il Maresciallo), la risposta fu sempre la stessa.
Un giorno meraviglioso, baciato dal sole, vennero i rinforzi dal Veneto: altri volontari CRI, pionieri, Infermiere Volontarie, Vds e militari arrivarono dalle sponde del Piave e dalla Laguna Veneta per dare una mano. Bellissimo, gente straordinaria con una marcia in più.
I colleghi militari li piazzarono nella nostra stessa tenda (essendo guarda caso militari anche noi) e, tra lo stupore generale, dai loro bagagli saltarono fuori miracolosamente ben due bottiglie di grappa (!!!!) da buoni veneti "razza Piave". Agli arrivi va segnalato anche quello altrettanto fondamentale del grossetano Andrea (anche lui del Corpo Militare CRI), autentico maestro della barzelletta da caserma e con miliardi di video ganzi scaricati sul telefonino. Insomma, risate, risate, risate. E scherzi (ovviamente) da caserma.

Infine venne il giorno in cui Berlusconi avrebbe consegnato le case agli abitanti di Onna e veniva conseguentemente organizzata una rappresentativa di volontari CRI desiderosa di partecipare a tale evento. In molti aderirono (quasi tutti Vds e Pionieri) ed io, da sempre refrattario a questo genere di cazzate televisive di sola apparenza, evitai di farmi appioppare l' unico posto di rappresentanza a disposizione del Corpo Militare: a questo ci pensò il capitano, dopo una breve consultazione tra di noi.
Ovviamente, mentre il personale del campo andava svuotandosi per partecipare alla suddetta manifestazione-farsa, i volontari rimasti (compreso il sottoscritto) colsero al volo l' occasione.
Senza farselo ripetere troppo. Tre ore di assoluta anarchia e festa, facendo un po' quel che cazzo ci pareva: la classica pacchia!!!!!!
Quando tornarono gli altri... ognuno di noi aveva l' aria innocente di un bambino, come se nulla fosse successo! In quell' occasione, con un moto di orgoglio, fondai ufficialmente il nostro nuovo reparto di elite: signori, erano appena nate le "Sturmtruppen del Corpo Militare C.R.I.": sembravamo usciti fuori da uno di quei film anni '70 con Alvaro Vitali, Lino Banfi, Gianfranco D' Angelo e Edwige Fenech e con noi il divertimento era assicurato.
Insomma, i giorni passarono felici, tra scherzi e lavoro duro tra i vari turni di carraia e logistica, con gli altri volontari c.r.i. che si dedicavano ai servizi di cucina, magazzino e pulizia dei bagni. Bravi ragazzi. Tutti con le palle ( e per quanto riguarda le femmine, diciamo invece che avevano un carattere d' acciaio visto che le palle in una donna ci stanno maluccio).
Ricordo inoltre il piacere di mangiare alla mensa di Collemaggio, una delle migliori se non la migliore in assoluto: anche per questo facevo scherzosamente notare alla giovane Sara che quando spariva un cane randagio dalla strada, stranamente la sera si mangiava carne a volontà. Misteri della cucina.
Alla carraia il tempo non passava mai, e quando il sonno aumentava in maniera insostenibile erano cazzi amari. A volte erano i cani a controllare i documenti ai visitatori e noi militari abbaiavamo alle macchine di passaggio nei dintorni.
I primi giorni la gente era anche comprensibilmente irritata, visto che non è proprio gradevole sentirsi chiedere di esibire un documento d' identità, ma poi bene o male ci sono venuti un po' incontri e non s' incazzavano quasi mai.
Ma nel turno pomeridiano c' era sempre modo e maniera di parlare e scherzare con alcuni dei bambini e ragazzi del campo, che si avvicinavano alla carraia anche per ammazzare un po' la noia: come non parlare di Simone, giovanissimo talento della computer grafica (e Blender!), della bellezza hispanica-aquilana Janet, delle bellissime maestre (e gemelle) del campo, della giovanisima Bea e dei tanti, tantissimi giovani colleghi volontari che si ammazzavano di lavoro e trovavano sempre il tempo di aiutare gli altri (tipo il mitico Gregorio, tra gli altri).
I tanti cani randagi che abitavano il campo, da Pluto a Bianca passando per Pippo e Principessa, sempre in cerca di una coccola senza chiedere niente in cambio. Le dolcissime colleghe Infermiere Volontarie e tutto quello che mi porterò sempre nel cuore.
All' improvviso, dopo giorni di armonia e lavoro soddisfacente, alla segreteria del campo arrivò un fax che ordinava il trasferimento di noi militari da Collemaggio agli altri campi sparsi intorno a L' Aquila e provincia. Chi ad Avezzano, chi a Paganica e chi altrove.
Io ero stato trasferito al Campo Base a L' Aquila: per intenderci quello grande e immenso che avevo visto il primo giorno, quello dell' arrivo in Abruzzo e presso il quale avevo fatto la mia prima registrazione. Tra l' altro in compagnia di sua simpatia il capitano XXXXXXXXXX. Che culo, vero? Eppure gli altri mi dicevano che il Campo base era il meglio che ci fosse, che mi sarei trovato da Dio, che era pieno di splendide fanciulle, etc... Ma quanto mi manca la gente di Collemaggio !!!! Ah, celeste nostalgia... come diceva Cocciante.
In realtà, destino volle che quella sera stessa mia moglie mi telefonò dicendomi che via mail era arrivata una offerta di lavoro degna di considerazione e - considerando nel complesso la situazione - decisi di anticipare il mio rientro di qualche giorno.
Appena il tempo di conoscere gli straordinari colleghi romani del IX Centro di Mobilitazione (che sembrano tutti usciti da un film di Tomas Milian e Bombolo, "tacci loro") tra i quali spicca il grande Demetrio ed alcuni colleghi della zona di Palermo e Catania, con una menzione per il tenente Basilotta, personaggio unico in tutti i sensi.
Insomma, un' esperienza bellissima che mi ha lasciato nel cuore una galassia di tesori da fare invidia a Zio Paperone. Evviva l' Abruzzo, evviva l' Italia, evviva la Croce Rossa Italiana !!!!!

venerdì 11 settembre 2009

Sto partendo per l' Abruzzo, Emergenza Terremoto 2009

Tra una manciata di ore partirò per l' Abruzzo, destinazione L' Aquila, con il Corpo Militare CRI. L' uniforme è in ordine, la mimetica e gli anfibi sono OK, le valige pronte. "Tenente Rossi, bentornato..." Ciao a tutti, ci risentiamo tra un paio di settimane. Ciaoooooooo

giovedì 2 luglio 2009

VIAREGGIO

Tutto il mondo conosce e sa cosa è successo in questi giorni a Viareggio. L' immane tragedia che è successa in uno dei posti ai quali sono più legato per i tanti, tantissimi ricordi, mi rende partecipe del dolore dei poveri cittadini della città del Burlamacco. Amici, ex compagni di classe ai tempi delle superiori, commilitoni e compagni di naja durante la leva e miliardi di ricordi che non basterebbero due vite per raccontarli.
Io, fra i tanti ricordi, ne scelgo uno che è quello che emerge sopra gli altri, per motivi che sfuggono alla mia comprensione è quello al quale sono più legato, considerando che l' incidente ferroviario è successo proprio lì.Tutto il mondo ha visto, nei servizi in tv e sul web la grande passerella pedonale che sovrasta la passerella e conduce a Via Ponchielli: ebbene, quando avevo 16 anni e non ancora nè patente, nè motorini , nè bici, partivo da Pietrasanta (dove abitavo) e prendevo il treno per raggiungere Viareggio. Raggiungevo la grande passerella, la attraversavo e raggiungevo a piedi un mio caro compagno di classe che abitava nel quartiere Terminetto, all'altezza della caserma dei Vigili del Fuoco. Quante volte l' ho attraversata con l' amico spensierato di un ragazzino che va a studiare (ma soprattutto giocare al computer) con uno dei suoi migliori amici...
Una volta, la Via Ponchielli, mi è toccata farmela correndo, inseguito da un cane piccolo ma decisamente ostile ed intenzionato ad assaggiare i mie polpacci.
E adesso rivedo in tv le immagini dei primi soccorsi, le fiamme infernali ed altissime che lambivano proprio quella passerella impregnata di ricordi. Quelle fiamme assassine che hanno ucciso e cancellato la vita di esseri umani nell' arco di frazioni di secondo, mentre hanno condannato altre vittime ad una lenta ed atrocissima agonia negli ospedali di mezza Italia.
Proprio in occasione dell'organizzazione dei soccorsi, nella mattina del 30 giugno sono stato convocato presso la base logistica della Croce Rossa Italiana di Marina di Massa, in quanto Ufficiale della Riserva del Corpo Militare CRI; oltre a me, una mezza dozzina di volontari tra militi, caporali e sergenti.
Purtroppo, nel mio piccolo, essendo un sottotenente commissario - ovvero specializzato in attività gestionali ed amminiatrative anzichè mediche - la mia utilità è stata limitata al lavoro d' ufficio e nell'organizzazione della logistica... Ma alla fine del secondo giorno (essendo un incarico di 48 ore) mi sono recato di persona a Viareggio, presso la zona del "palazzetto dello sport" in Darsena, dietro lo stadio,all' interno del quale erano stati montati i letti da campo della CRI Militare, ovvero le nostre brandine per emergenze di questo tipo.
Ho visto con i miei occhi sia il bene che il male: militi di bassa forza e di truppa che si facevano il "mazzo" nobilitando l' uniforme che indossiamo e, purtroppo, sottufficiali pieni di boria che si vantavano di avere stretto la mano dei "personaggi" più importanti e si piazzavano davanti alle telecamere in cerca di visibilità. Roba da far girare nella tomba il povero Dunant come una trottola... Speriamo che il Commissario Straordinario Rocca riesca a ripulire il Corpo Militare dalle mele marce e restituirlo all' antico splendore: molti militari CRI non conoscono neppure i sette principi della Croce Rossa (Umanità, Neutralità, Imparzialità, Volontariato, Indipendenza, Unità ed Universalità). Molti entrano solo per il gusto di mettersi una divisa addosso perchè esaltati. ma come si fa ad avere una mentalità del genere quando si chiede di arruolarsi in un Corpo che ha come emblema un simbolo sanitario??? Meditate, gente, meditate. Come diceva Renzo Arbore in un vecchio spot pubblicitario di tanti anni fa.
Se avete una mentalità del genere o cercate solo una scusa per mettervi una divisa addosso, non ci pensate nemmeno ad entrare nel Corpo Militare della Croce Rossa. Non fa per voi.
E chi è già dentro solo per avere uno stipendio ma senza alcuna vocazione umanitaria ma solo per esaltare la propria vanità, farebbe bene ad uscire. Meditate gente, meditate.

Non avete idea di quanto mi faccia incazzare dover riconoscere che Rocca abbia molta più ragione di quanto si pensi...
Mah... Comunque, io mi sono chiarito parecchio le idee riguardo soprattutto a certi sottufficiali dal comportamento discutibile e che in futuro, qualora i nostri destini si dovessero nuovamente incrociare, avranno la vita molto più difficile. Parola mia.

venerdì 20 febbraio 2009

IL SERVIZIO MILITARE 7 - Il congedo


Eh... Ne è passata di acqua sotto i ponti, ma a me sembra appena ieri. Cosa dire? Un' emozione bellissima, ubriacante, una sensazione di libertà mai provata prima! E' finita! E' finita! E' finita...!
Viva la libertà!

IL SERVIZIO MILITARE 5 - Gli amici








































Questo è invece il lato bello, meraviglioso ed unico dell' esperienza del servizio di leva obbligatorio. Scopri di avere dei fratelli, prima ancora che dei commilitoni. E, visto che ci sono anche dei serpenti pronti a pugnalarti alla schiena pur di leccare il culo ai superiori e trarre vantaggio da ogni situazione, impari anche a pararti il culo nella maniera più opportuna. Come a dire che non tutto il male viene per nuocere... Ci sono gli amici che porterai nel cuore tutta la vita (uno è addirittura mio testimone di nozze) ed altri sono sconvolti che si dimenticheranno pure che esisti e non si ricordano nemmeno dove hanno fatto il militare appena pochi anni prima. Sembra strano, ma ho conosciuto anche gente così..!






IL SERVIZIO MILITARE 4 - Servizi di caserma










































































































Il lato peggiore della naja, quello che ti fa odiare quegli schifosi barbagianni che se ne stanno seduti al governo, in parlamento ed in tutti quei pollai dove dirigono i destini dei poveracci come fossero pedine di qualche gioco da tavola. Guardie inutili, comandate senza senso, esercitazioni cervellotiche ed approssimative... E poi aggiungiamo pure le decine e decine di posti di lavaggio, pulizia di cameroni polverosi e cessi intasati traboccanti di stronzoli fumanti. Forse è proprio il fatto che ti trattano così male che fa scattare quella molla che diventa solidarietà e, successivamente, cameratismo.

IL SERVIZIO MILITARE 3 - Visita a Nave Garibaldi
















































Lo confesso. Fin da bambino il mio sogno era quello di poter salire a bordo della Portaerei Garibaldi, a quei tempi ammiraglia della flotta italiana ed orgoglio della Marina. In cuor mio pensavo fosse uno di quegli effimeri pensieri del tipo "mi piacerebbe fare l' astronauta" o "volerò sopra un caccia da combattimento" o altre menate del genere. Invece la vita è strana e ce l' ho fatta pure a salire a bordo della Garibaldi, appena un paio di mesi prima del congedo. A dire il vero, me la immaginavo un po' più grande, però... è stato bello lo stesso. Un' emozione da ricordare per tutta la vita.

Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."