martedì 5 luglio 2011

LA STRAORDINARIA PUNTATA DI SFIDE DEL 04/07/2011 DEDICATA ALLA "SOLITUDINE DELL' ALA DESTRA"....!

Bella, bellissima puntata quella andata in onda ieri in tarda serata (diciamo pure notte, dato che era iniziata a cavallo della mezzanotte!). Mi riferisco a "Sfide", il programma di Raitre dedicato alla rievocazione celebrativa di personaggi ed imprese del passato recente e non.
Ebbene, la puntata di ieri era intitolata "La solitudine dell'ala destra", titolo che richiamata - oltre all' omonimo libro - tutto il destino di uno dei ruoli ormai caduti in disuso nello sport del calcio, inteso come quel calcio che piaceva a me e del quale parlavo proprio ieri.
Per dare un riferimento a quelli che non hanno mai masticato calcio, e per dare un' idea molto bella, suggestiva e romantica proprio dell' ala destra voglio citare una delle canzoni più belle di De Gregori, ovvero "La leva calcistica del '68".
Avete presente quella che fa "...Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore... un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia..."
Ecco, appunto, sul finale della canzone si sente il pezzo che fa "..il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette... Quest' altr' anno giocherà con la maglia numero sette..."
Già, un tempo non troppo lontano (diciamo fino a quindici anni fa), nel bel calcio di una volta non esistevano le magliette personalizzate con il proprio nome o cognome e con i numeri assurdi fino all 99 (!!!!!), nessun giocatore teneva quel numero di maglia per tutta la stagione ma poteva variare di settimana in settimana a seconda del ruolo assegnato dall' allenatore.
Il numero sulla maglia di un calciatore corrispondeva in maniera inequivocabile al ruolo ed alla posizione che questi avrebbe ricoperto nel campo da gioco.
Il numero sette della canzone di De Gregori è inequivocabilmente quello dell' ala destra (lupus in fabula), il ruolo della fantasia e della creatività per antonomasia, quello dell' attaccante laterale in grado di ubriacare il terzino avversario con una serie infinita di finte e controfinte o costruendo azioni geniali che tagliano in due le altrui difese.
Il calciatore che riesce a sublimare le emozioni del pubblico e che manda in delirio tutti gli appassionati, compresi quelli del pubblico avversario.
Ebbene, tornando a bomba sulla puntata di ieri di Sfide, ieri venivano celebrati campionissimi e fuoriclasse del calibro di Bruno Conti (a mio parere la più forte e straordinaria ala destra italiana di tutti i tempi), Garrincha (a livello mondiale il migliore), il magnifico Juninho che regalò il primo scudetto della sua storia alla Fiorentina, il fantastico Roberto Donadoni che saltava i difensori come fossero birilli, l' Attilio Lombardo della Sampdoria scudettata e, per finire, quel Rocco Pagano che, con la maglia del Pescara, nelle partite contro il Milan era riuscito ad ottenere l' ammirazione del diretto avversario in campo, e questo era niente meno che... Paolo Maldini, il più forte terzino sinistro del mondo di quesi tempi, addirittura in odore di Pallore d' Oro.
Cosa dire? Puntata bellissima, da gustare dolcemente come un bicchiere di champagne da sorseggiare goccia a goccia: roba per palati fini, insomma.
Bene, dopo aver visto ricelebrare la magìa del calcio di ieri, a maggior ragione posso tornare ad odiare l' asettico, corrotto (quanto la politica) amorale calcio di oggi, che non mi interessa più e mi offre solo degli spunti di irresistibile nostalgia paragonandolo a quello che un tempo fu lo sport più bello del mondo.

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Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."