martedì 24 marzo 2009

ANTICHE CIVILTA' E GIUSTIZIA

Avendo meditato a lungo sul problema della sicurezza nel nostro paese e sull' immane ondata di violenza che affligge da troppo tempo l' italica penisola, sono giunto ad una personalissima conclusione che puà risolvere con grande efficacia qualche magagna. In effetti, anche qualora venissero approntate nuove misure di prevenzione o venisse ridisegnato interamente il codice penale, va detto che sappiamo tutti che i delinquenti vengono rimessi in libertà nel giro di poche ore, pronti a reiterare il reato in allegria e forti della consapevolezza della propria impunità. Allora, dato che sappiamo tutti che funziona così e vogliamo scongiurare il rischio della giustizia fai da te... il rimedio è dietro l' angolo, fornito dalla storia e da una delle più antiche dimostrazioni di civiltà. Sì, in parole povere RICHIEDO IL RIPRISTINO IMMEDIATO DEL CODICE DI HANNURABI, la tanto efficace e sempre amata legge del taglione, quella in base alla quale anche la vendetta riesce a trovare un fondamento legale. Non perdiamo altro tempo con processi esageratamente lunghi e con sentenze assurde, risolviamo alla radice il problema della faraginosa burocrazia che ingolfa il nostro stato e lascia tutti insoddisfatti (tranne i malfattori).Le carceri sono strapiene? No problem, prendiamo esempio da un' altra antichissima e fiorente civiltà: la Cina. Sì, facciamo come i cinesi e fuciliamo i delinquenti senza troppi indugi, e vendiamo i loro organi interni ai malati che ne hanno realmente bisogno...

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Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."