mercoledì 13 luglio 2011

E.R. - MEDICI IN PRIMA MEDIA

Ogni giorno rimango sempre più sconcertato dai tanti casi di malasanità che colpiscono il nostro paese. Per scrivere in maniera esauriente su questo argomento si potrebbe realizzare una mastodontica enciclopedia in stile Treccani, ma forse non basterebbe nemmeno. Da bambino sentivo molti anziani che temevano i reparti ospedalieri nemmeno fossero i gironi dell' inferno dantesco, preferendo tenersi i propri dolori piuttosto che affidarsi alle cure dei sanitari dei nosocomi. nella mia tenera ingenuità, ho sempre pensato che tali anziani esagerassero non poco, magari a causa della mancanza di conoscenza dei progressi della medicina moderna e dello straordinario sviluppo della tecnologia chirurgica in tutte le applicazioni. Una sorta di ingenuo pregiudizio impediva loro di affidarsi alle cure dei medici e, senza alcuna apparente ragione, di morire piuttosto che entrare in ospedale. Chissà, ora come ora, mi viene da pensare che avessero ragione loro.
Cosa direbbero quei benedetti anziani - la maggior parte dei quali purtroppo non è più tra noi - se vedessero ciò che avviene adesso?
Non solo gli episodi di malasanità si sono moltiplicati in maniera esponenziale dagli anni loro, ma risulta anche impossibile giustificare con il classico errore umano ciò che riescono a combinare i cosiddetti camici bianchi.
Organi sani esportati dai pazienti, organi infetti da HIV impiantati in pazienti sani; garze dimenticate all' interno della pancia del poveretto; azoto (invece che ossigeno) somministrato alle partorienti; infezioni a raffica; setticemie; interventi di banale appencicite trasformati in tragedie inspiegabili; diagnosi sbagliate clamorosamente e con conseguenze quasi sempre inevitabilmente fatali.
E molti altri episodi che non cito - ma sarebbe giusto farlo - per motivi di tempo e spazio.
Per carità, tutti sbagliamo, nella vita quotidiana e nel lavoro, qualsiasi mestiere o professione sia il nostro. A seconda della situazione, riceviamo memorabili cazziatoni o malediciamo la nostra sbadataggine o proviamo a rimediare al nostro errore. Eh già, perchè quello del medico non è un mestiere qualunque.
Ma se un tizio mi deve aprire la pancia con un bisturi, o se mi deve anestetizzare o praticare qualsiasi altro intervento che sia più o meno invasivo per il mio organismo, pretendo come minimo che sia qualificato per farlo. E per qualificato intendo dire soprattutto che sappia perfettamente quello sta facendo, che sappia come muoversi e come comportarsi nelel situazioni limite. Lasciamo per un attimo da parte l' esperienza pratica (che pure è importante, se non fondamentale)ma le nozioni fondamentali si suppone che - in un mondo normale - si imparino all' università, facendosi un culo così sui libri.
Questo è il punto. Con tutto lo schifo che succede e quando soprattutto si apprende che molti professori universitari si siano lasciati corrompere (in denaro o in natura) per promuovere studenti somari agli esami... Perchè dovrei corrompere un docente per essere promosso se la mia preparazione è adeguata? E se so che basterà pagarlo per essere promosso, chi me lo farà fare di aprire il libro?
Se poi uno ha le conoscenze giuste per trovare lavoro in qualche importante ospedale... abbiamo il quadro preciso e definito del delitto perfetto.
Questo è il mio pensiero. E' ovvio che purtroppo ci siano dei casi limite in cui nemmeno il migliore medico di questo mondo non riesce a salvare la vita altrui, ma qua siamo decisamente nel versante opposto, dove per motivi abietti di interesse e convenienza personale si mettono colpevolmente molti somari e capre (con tutto il rispetto per gli animali da allevamento) in ruoli dove si decide la vita umana. E questo non va bene, ma va punito a tutti i livelli. Se necessario anche ricorrendo al Codice di Hammurabi ed alla legge del taglione.

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Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."