giovedì 9 aprile 2009

IL TERREMOTO IN ABRUZZO

Avrei voluto parlare di altro, sicuramente. Ma la mia coscienza mi obbliga a rendere omaggio a tutti i sopravvissuti del tragico terremoto che ha raso al suolo L' Aquila e la maggior parte dei paesi limitrofi. Esprimo il mio cordoglio a tutti i parenti delle vittime e tengo per me tutta quella serie di riflessioni sulle colpe criminali ( per legge tocca ai progettisti ed ai costruttori realizzare gli edifici in base a criteri anti-sismici) che rendono ancora più pesante questa immane tragedia.
Mi limito solo ad aggiungere un piccolo contributo di vita vissuta, un' aneddoto relativo alla mia esperienza personale riguardo al terremoto. All' epoca avevo appena compiuto sei anni e mi trovavo con la mia famiglia in vacanza da mia nonna Maria in Sicilia. Ecco, ricordo che una notte, pur essendomi addormantato nel mio letto, mi risvegliai dentro l' automobile di mio nonno: a Catania si era verificata una forte scossa di terremoto e mio zio Gianni mi aveva caricato sulle sue spalle, portandomi in salvo: ricordo ancora tutta quella gente che affollava la strada, in attesa di riprendersi un minimo di coraggio per tornare nelle proprie case. Ecco, noi fummo fortunati. Proprio perchè le case avevano resistito al sisma e la scossa era stata molto più leggera. Ma adesso rivaluto in maniera assai diversa il peso di quell' esperienza in confronto alle vere tragedie.

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Dai "Carmina Burana":

"Poiché provo nel mio animo un forte turbamento, al colmo dell'amarezza mi lamento di me stesso. Formato di materia assai leggera, mi sento simile ad una foglia con la quale gioca il vento. Mentre è proprio del saggio porre sulla roccia salde fondamenta, io stolto, mi paragono ad un fiume sempre in corsa che non si ferma mai sotto lo stesso cielo. Vado alla deriva come una nave priva di nocchiero, come un uccello che vaga per le vie del cielo; non c'è catena che mi trattenga, né chiave che mi rinchiuda, cerco i miei simili e mi unisco così ai malvagi. Condurre una vita austera è per me quasi impossibile; io amo infatti il gioco che mi piace più del miele. Qualunque impresa mi chieda Venere, che non risiede mai negli animi meschini, è una piacevole fatica. Percorro la via più facile com'è proprio dei giovani, e mi irretisco nei vizi scordando la virtù; più avido del piacere che della vita eterna, sono ormai morto nell'anima e curo solo il corpo."