Sono tornato da un paio di giorni dall' Abruzzo e saluto con affetto ed amicizia tutti gli amici che seguono il mio blog.
Sono rientrato prima del previsto (sono stato a L' Aquila per meno di una settimana, a fronte delle due settimane inizialmente messe in preventivo) per rispondere ad un improvviso colloquio di lavoro (civile) che richiedeva la mia urgente attenzione e la mia presenza fisica a casa.
Considerando che poi io mi sono recato in missione da "disoccupato" (ovvero nessuno mi rimborserà uno stipendio per i giorni in Abruzzo) ma solo per umanità e spirito di solidarietà, era il caso di correre ad esaminare questa benedetta offerta di lavoro. Con i tempi che corrono...
Tuttavia, sei giorni di Abruzzo mi sono stati più che sufficienti per farmi un' idea assolutamente chiara e cristallina della situazione della popolazione aquilana vittima del tremendo sisma dello scorso 6 aprile.
Cosa dire? Non lo so nemmeno io. Da quando sono tornato a casa, mi succede di piangere o commuovermi anche per cose banali: non me lo spiegare razionalmente.
Sto scrivendo questo racconto muovendomi con la stessa grande cautela di un artificiere che disinneschi un ordigno lavorando in un campo minato.
Già dopo un paio d' ore al mio arrivo al Campo della Croce Rossa di Collemaggio, nel cuore de L'Aquila, avevo tante cose da dire: sentire un' anziana che ti ferma disperata e ti dice: "io sono una nonna, ho perso casa e tutto quanto..." e poi si ferma perchè la voce le si strozza in gola e comincia a piangere, beh... Queste cose ti tagliano le gambe.
Ma cominciamo dal principio. Sono partito da casa il giorno 12 settembre, portandomi appresso un altro collega che risiede ad un paio di chilometri da casa mia: ci accompagnava mia moglie (che poi ci avrebbe lasciati all' uscita del casello di prato Ovest) e poi sarebbe tornata a casa da sola.
A Prato ci venne a prendere il collega civile Giovanni Morganti (grande!!!) che - dopo aver raccattato un terzo collega (un capitano emiliano), ci ha portato diretti verso l' Abruzzo.
Un paio di soste ai vari autogrill per pisciare e prendersi un caffè e, tra una chiacchiera e l' altra per approfondire la conoscenza tra colleghi e poi di nuovo sul serpentone d' asfalto bollente.
Viaggio tranquillo, autostrada sgombra o quasi e, quando vedi davanti a te i rilievi attigui al Massiccio del Gran Sasso, capisci che siamo praticamente arrivati. L' armonia del paesaggio ti trasmette un senso irripetibile di rispetto ed amirazione, per quelle forme che fino a quel momento avevo visto solo sui libri di testo ai tempi della scuole o sulle pagine di atlante geografico di quel periodo.
Un paio di soste ai vari autogrill per pisciare e prendersi un caffè e, tra una chiacchiera e l' altra per approfondire la conoscenza tra colleghi e poi di nuovo sul serpentone d' asfalto bollente.
Viaggio tranquillo, autostrada sgombra o quasi e, quando vedi davanti a te i rilievi attigui al Massiccio del Gran Sasso, capisci che siamo praticamente arrivati. L' armonia del paesaggio ti trasmette un senso irripetibile di rispetto ed amirazione, per quelle forme che fino a quel momento avevo visto solo sui libri di testo ai tempi della scuole o sulle pagine di atlante geografico di quel periodo.
L' arrivo in città è quasi immediato, con tutto quel carico di curiosità che mi trascinavo da molto tempo addietro, e cercavo di scrutare tra gli edifici nella mia visuale un segno tangibile di ripresa, di vera ricostruzione dei palazzi flagellati dalla catastrofe; il nostro autista Giovanni ci spiegava nei dettagli le realtà locale, raccontava vicende vissute in prima persona e da altri colleghi volontari civili e... all' ascolto del suo resoconto personale, restare senza parole era la reazione più normale e fisiologica. Niente da capire, come cantava De Gregori.
Arrivo al Campo base della Croce Rossa Italiana e registrazione del sottoscritto e degli altri due volontari : tre uomini del Corpo Militare CRI adesso sono ufficialmente a disposizione dei dirigenti della Protezione Civile. Naturalmente sappiamo già che siamo lì solo di passaggio e, dopo la formalità della registrazione (una formalità dovuta) , la nostra prossima destinazione sarà Collemaggio.
Confesso che, nella mia oceanica ignoranza, non avevo mai sentito parlare di questo posto. A niente mi serve apprendere di Celestino V, della Perdonanza, etc.... Per me è tutto una novità, probabilmente è uno di quegli infiniti aneddoti storici che la mia memoria si è rifiutata di conservare. Boh.
Detto questo, arriviamo alla nostra destinazione "definitiva" (oddio, detto così suona un po' sinistro e macabro, meglio dire che abbiamo raggiunto il luogo della missione), ovvero il campo di Collemaggio, tranquilla zona ai piedi dell' omonima basilica cristiana.
Come al Campo Base, la prassi prevedeva l' ennesima registrazione dei propri dati personali presso la tenda adibita a segreteria ( il luogo dove si prendono le decisioni importanti) e immediata presentazione al capocampo, il vero "boss" e comandante civile della tendopoli. Questi ci informa che i gradi militari qua non hanno valore alcuno, tutti sono sullo stesso piano e devono fare riferimento unicamente a lui, in quanto vertice assoluto del campo. Niente da eccepire.
Nessun problema per me. Sono sceso per dare una mano, non per fare l' "ufficiale" ma per fare tutto ciò che serve. E che cazzo, stiamo parlando di una catastrofe, mica di una partita a briscola. Qua c' è bisogno di gente che si rimbocchi le mani e si dia concretamente da fare.
A me andava benissimo così, anche perchè io da sempre sono abituato a farmi un culo così e quella situazione non mi andava affatto stretta ma, anzi, mi permetteva una volta tanto di essere utile sul serio.
Di fatto, una volta chiariti i pochi ma importantissimi concetti di cui abbiamo appena parlato, ci viene mostrata la nostra tenda e, sanza perderci in altri indugi, sistemiamo le nostre carabattole all' interno di essa. La tenda era piccola, il confort non era il massimo ma... pensando che quella povera gente residente a Collemaggio viveva in quelle condizioni da molti, troppi mesi: ogni lamentela sarebbe stata non solo fuori logo, ma pure vergognosa. Con uno dei miei colleghi (il milite Balderi), mi sono recato a dare un' occhiata nel centro storico dell' Aquila, appena riaperto al traffico ad eccezione della "zona rossa", quella maggiormente danneggiata dal sisma.
Ad ogni maniera, qui comincia un viaggio straordinario a livello umano. Già dopo due ore alla scoperta del campo, avevo riempito la mia anima di cose da tenere in me per tutta la vita, e forse oltre. A cominciare da un' anziana signora che, vincendo la naturale ritrosia causata dal trovarsi di fronte uno sconosciuto ( a per di più con indosso una uniforme militare ) mi venne tranquillamente incontro poche ma significative parole: -"Siete i militari della Croce Rossa? Guardate un po' come siamo messi. Io sono anziana e sono rimasta senza un tetto, senza una casa, senza niente..."- e cominciò a piangere. Beh... Lì per lì cercai parole di conforto nel profondo dell' anima, ma non trovando niente di intelligente da dire, abbracciai la signora e - non appena mi fu possibile - mi ritirai in tenda in solitudine ritrovandomi a piangere come un bambino. Quelle parole erano pesanti come macigni, non sapevo come dare sollievo alle pene di quella povera anziana (che peraltro era solo la punta dell' iceberg e che riassumeva lo stato d' animo generale di tutti i residenti nel campo) ed il senso della mia inutilità era schiacciante. Cosa ci stavo a fare lì? Come avrei potuto riportare un sorriso dove neanche un miracolo (?) sarebbe parso probabile? Mamma mia come si sta male quando non si può aiutare - e sul serio - una persona.
Dopo un po' di riflessioni silenziose, andai a prendere una boccata d' aria fresca, incrociando sui miei passi un' altra simpatica anziana che, sorprendentemente, mi regalò un gelato che aveva appena acquistato: nonostante il mio stupore ed il mio garbato rifiuto in senso di complimento, la simpatica vecchietta insistette talmente tanto da farmi accettare quel suo dono così generoso e così inaspettato. Cose che succedono solo a Collemaggio.
Non ebbi tempo di terminare di gustarmi il mio fresco dono che un anziano di passaggio mi chiese informazioni su quella che fosse in genere l' attività della Croce Rossa Italiana e, per quanto mi fosse possibile, risposi in maniera esauriente alle sue domande, nonostante egli m' interrogasse con grande competenza e padronanza dell' argomento, quasi egli volesse verificare il mio reale grado di preparazione. La chiacchierata proseguì toccando altri temi quali le ormai lontane esperienze militari del vecchietto ai tempi dell' ultimo conflitto mondiale, argomento che ascoltai con grande interesse data la mia passione da sempre per le vicende belliche.
Ergo, dopo essermi congedato rispettosamente dal mio interlocutore, mi ritirai stanchissimo nella mia tenda abbandonandomi al sonno più profondo (non prima di essermi assicurato di avere messo i tappi di gomma alle orecchie, dato che avevo appena appreso di dover dividere la mia tenda con due russatori professionisti che mi avrebbero dato del filo da torcere.
Peraltro, nel corso della notte, il mio sonno venne disturbato da quel noiosissimo stimolo che ti costringe ad alzarti dal letto per andare ad espletare quell' odioso bisognino fisiologico che t'impedisce di proseguire la tua permanenza nel mondo dei sogni. C' è poco da dire: se non vai al bagno, non potrai continuare a dormire. Farsela addosso per la pigrizia non è una delle opzioni più praticabile, mentre lo scorrere del tempo rende lo stimolo sempre più forte e richiama alla realtà. Dannazione, mi metterei a pisciare nella bottiglia del capocampo pur di non alzarmi nel cuore della notte, con questo freddo che mi è entrato già nelle ossa.
L' ultimo colpo di coda della pigrizia è vinto, mi alzo e cerco i calzini (con questo freddo abruzzese non si scherza) prima di infilare le scarpe da tennis che mi sono portato appresso per le uscite in abiti borghesi nel tempo libero. Mi avvolgo nelle coperte a mo' di beduino e, dopo avere aperto cautamente l' ingresso della tenda, mi butto nelle tenebre della notte alla ricerca del modulo - cesso (ovvero un container adattato a ricoprire le funzioni di gabinetto da campo).
Malinconico nella notte, con l' andatura incerta di chi è profondamente rincoglionito dal sonno e non vede l' ora di tornarsene a letto, sembro una di quelle creature da incubo delle fiabe, di quelle che le mamme e le nonne usano per minacciare i bambini quando fanno i capricci. Dopo attimi che sembrano giorni, giungo infine al container dei cessi salgo la scaletta come un astronauta in procinto di salire a bordo dello shuttle e mi rinchiudo in uno dei gabinettini interni.
Dopo la mia pisciatina, me ne torno fiero e soddisfatto sui miei passi, soddisfatto come se avessi attraversato il deserto del Sahara (invece che aver persorso una cinquantina di metri in linea d' aria) e, tornato nel gradevole tepore della tenda, me ne torno lentamente nella mia cara brandina da campo.
L' indomani si comincia con i turni di guardia alla carraia (per chi non avesse dimestichezza con la terminologia militare, si tratta in sostanza di sorvegliare e presidiare l' ingresso principale (che tra l' altro era anche l' unico), chiedere i documenti alla gente in ingresso ed altre scocciature che però di fatto erano maledettamente necessarie per garantire la sicurezza a tutta la struttura.
Essendo solamente in quattro a sorvegliare la carraia - che doveva essere sorvegliata per tutte le 24 ore - organizzai una turnazione di 6 ore, ovvero ogni coppia di volontari (militari o civili) avrebbe avuto 6 ore di riposo, poi sei ore di guardia, seguite da 6 ore di riposo e così via. Ovviamente, quando una coppia di guardie era di guardie, l' altra era di riposo: un po' come l' alternanza tra il sole e la luna (cazzo, che esempione!)...
Quando io ero di riposo, in tutta sincerità il tempo era così poco e la stanchezza accumulata era tale che mi interessava solamente dormire; a chi mi diceva che quel giorno era prevista la visita di un vip (?) rispondevo in maniera vaga ed elusiva che probabilmente me ne sarei rimasto nella mia tenda a dormire.
In tal senso si può comprendere come mai, a chi mi dicesse: -"O, alle 11 viene Fini... Non lo vieni a vedere?"-, io rispondevo prontamente con pragmatismo toscano: -"Sinceramente m'importa una sega di lui e di tutti gli altri. Io me ne vado a dormire e mi dovete chiamare solo se al campo viene in visita Monica Bellucci o se danno fuoco alla tendopoli. Buonanotte!"-
E me ne andavo a dormire senza altro aggiungere.
Alla stessa maniera, quando furono annunciate le visite, per i giorni a seguire, del cardinale Bagnasco, Rocca (purtroppo solamente il commissario CRI, non il Maresciallo), la risposta fu sempre la stessa.
Un giorno meraviglioso, baciato dal sole, vennero i rinforzi dal Veneto: altri volontari CRI, pionieri, Infermiere Volontarie, Vds e militari arrivarono dalle sponde del Piave e dalla Laguna Veneta per dare una mano. Bellissimo, gente straordinaria con una marcia in più.
I colleghi militari li piazzarono nella nostra stessa tenda (essendo guarda caso militari anche noi) e, tra lo stupore generale, dai loro bagagli saltarono fuori miracolosamente ben due bottiglie di grappa (!!!!) da buoni veneti "razza Piave". Agli arrivi va segnalato anche quello altrettanto fondamentale del grossetano Andrea (anche lui del Corpo Militare CRI), autentico maestro della barzelletta da caserma e con miliardi di video ganzi scaricati sul telefonino. Insomma, risate, risate, risate. E scherzi (ovviamente) da caserma.
Infine venne il giorno in cui Berlusconi avrebbe consegnato le case agli abitanti di Onna e veniva conseguentemente organizzata una rappresentativa di volontari CRI desiderosa di partecipare a tale evento. In molti aderirono (quasi tutti Vds e Pionieri) ed io, da sempre refrattario a questo genere di cazzate televisive di sola apparenza, evitai di farmi appioppare l' unico posto di rappresentanza a disposizione del Corpo Militare: a questo ci pensò il capitano, dopo una breve consultazione tra di noi.
Ovviamente, mentre il personale del campo andava svuotandosi per partecipare alla suddetta manifestazione-farsa, i volontari rimasti (compreso il sottoscritto) colsero al volo l' occasione.
Senza farselo ripetere troppo. Tre ore di assoluta anarchia e festa, facendo un po' quel che cazzo ci pareva: la classica pacchia!!!!!!
Quando tornarono gli altri... ognuno di noi aveva l' aria innocente di un bambino, come se nulla fosse successo! In quell' occasione, con un moto di orgoglio, fondai ufficialmente il nostro nuovo reparto di elite: signori, erano appena nate le "Sturmtruppen del Corpo Militare C.R.I.": sembravamo usciti fuori da uno di quei film anni '70 con Alvaro Vitali, Lino Banfi, Gianfranco D' Angelo e Edwige Fenech e con noi il divertimento era assicurato.
Insomma, i giorni passarono felici, tra scherzi e lavoro duro tra i vari turni di carraia e logistica, con gli altri volontari c.r.i. che si dedicavano ai servizi di cucina, magazzino e pulizia dei bagni. Bravi ragazzi. Tutti con le palle ( e per quanto riguarda le femmine, diciamo invece che avevano un carattere d' acciaio visto che le palle in una donna ci stanno maluccio).
Ricordo inoltre il piacere di mangiare alla mensa di Collemaggio, una delle migliori se non la migliore in assoluto: anche per questo facevo scherzosamente notare alla giovane Sara che quando spariva un cane randagio dalla strada, stranamente la sera si mangiava carne a volontà. Misteri della cucina.
Alla carraia il tempo non passava mai, e quando il sonno aumentava in maniera insostenibile erano cazzi amari. A volte erano i cani a controllare i documenti ai visitatori e noi militari abbaiavamo alle macchine di passaggio nei dintorni.
I primi giorni la gente era anche comprensibilmente irritata, visto che non è proprio gradevole sentirsi chiedere di esibire un documento d' identità, ma poi bene o male ci sono venuti un po' incontri e non s' incazzavano quasi mai.
Ma nel turno pomeridiano c' era sempre modo e maniera di parlare e scherzare con alcuni dei bambini e ragazzi del campo, che si avvicinavano alla carraia anche per ammazzare un po' la noia: come non parlare di Simone, giovanissimo talento della computer grafica (e Blender!), della bellezza hispanica-aquilana Janet, delle bellissime maestre (e gemelle) del campo, della giovanisima Bea e dei tanti, tantissimi giovani colleghi volontari che si ammazzavano di lavoro e trovavano sempre il tempo di aiutare gli altri (tipo il mitico Gregorio, tra gli altri).
I tanti cani randagi che abitavano il campo, da Pluto a Bianca passando per Pippo e Principessa, sempre in cerca di una coccola senza chiedere niente in cambio. Le dolcissime colleghe Infermiere Volontarie e tutto quello che mi porterò sempre nel cuore.
All' improvviso, dopo giorni di armonia e lavoro soddisfacente, alla segreteria del campo arrivò un fax che ordinava il trasferimento di noi militari da Collemaggio agli altri campi sparsi intorno a L' Aquila e provincia. Chi ad Avezzano, chi a Paganica e chi altrove.
Io ero stato trasferito al Campo Base a L' Aquila: per intenderci quello grande e immenso che avevo visto il primo giorno, quello dell' arrivo in Abruzzo e presso il quale avevo fatto la mia prima registrazione. Tra l' altro in compagnia di sua simpatia il capitano XXXXXXXXXX. Che culo, vero? Eppure gli altri mi dicevano che il Campo base era il meglio che ci fosse, che mi sarei trovato da Dio, che era pieno di splendide fanciulle, etc... Ma quanto mi manca la gente di Collemaggio !!!! Ah, celeste nostalgia... come diceva Cocciante.
In realtà, destino volle che quella sera stessa mia moglie mi telefonò dicendomi che via mail era arrivata una offerta di lavoro degna di considerazione e - considerando nel complesso la situazione - decisi di anticipare il mio rientro di qualche giorno.
Appena il tempo di conoscere gli straordinari colleghi romani del IX Centro di Mobilitazione (che sembrano tutti usciti da un film di Tomas Milian e Bombolo, "tacci loro") tra i quali spicca il grande Demetrio ed alcuni colleghi della zona di Palermo e Catania, con una menzione per il tenente Basilotta, personaggio unico in tutti i sensi.
Insomma, un' esperienza bellissima che mi ha lasciato nel cuore una galassia di tesori da fare invidia a Zio Paperone. Evviva l' Abruzzo, evviva l' Italia, evviva la Croce Rossa Italiana !!!!!
Arrivo al Campo base della Croce Rossa Italiana e registrazione del sottoscritto e degli altri due volontari : tre uomini del Corpo Militare CRI adesso sono ufficialmente a disposizione dei dirigenti della Protezione Civile. Naturalmente sappiamo già che siamo lì solo di passaggio e, dopo la formalità della registrazione (una formalità dovuta) , la nostra prossima destinazione sarà Collemaggio.
Confesso che, nella mia oceanica ignoranza, non avevo mai sentito parlare di questo posto. A niente mi serve apprendere di Celestino V, della Perdonanza, etc.... Per me è tutto una novità, probabilmente è uno di quegli infiniti aneddoti storici che la mia memoria si è rifiutata di conservare. Boh.
Detto questo, arriviamo alla nostra destinazione "definitiva" (oddio, detto così suona un po' sinistro e macabro, meglio dire che abbiamo raggiunto il luogo della missione), ovvero il campo di Collemaggio, tranquilla zona ai piedi dell' omonima basilica cristiana.
Come al Campo Base, la prassi prevedeva l' ennesima registrazione dei propri dati personali presso la tenda adibita a segreteria ( il luogo dove si prendono le decisioni importanti) e immediata presentazione al capocampo, il vero "boss" e comandante civile della tendopoli. Questi ci informa che i gradi militari qua non hanno valore alcuno, tutti sono sullo stesso piano e devono fare riferimento unicamente a lui, in quanto vertice assoluto del campo. Niente da eccepire.
Nessun problema per me. Sono sceso per dare una mano, non per fare l' "ufficiale" ma per fare tutto ciò che serve. E che cazzo, stiamo parlando di una catastrofe, mica di una partita a briscola. Qua c' è bisogno di gente che si rimbocchi le mani e si dia concretamente da fare.
A me andava benissimo così, anche perchè io da sempre sono abituato a farmi un culo così e quella situazione non mi andava affatto stretta ma, anzi, mi permetteva una volta tanto di essere utile sul serio.
Di fatto, una volta chiariti i pochi ma importantissimi concetti di cui abbiamo appena parlato, ci viene mostrata la nostra tenda e, sanza perderci in altri indugi, sistemiamo le nostre carabattole all' interno di essa. La tenda era piccola, il confort non era il massimo ma... pensando che quella povera gente residente a Collemaggio viveva in quelle condizioni da molti, troppi mesi: ogni lamentela sarebbe stata non solo fuori logo, ma pure vergognosa. Con uno dei miei colleghi (il milite Balderi), mi sono recato a dare un' occhiata nel centro storico dell' Aquila, appena riaperto al traffico ad eccezione della "zona rossa", quella maggiormente danneggiata dal sisma.
Ad ogni maniera, qui comincia un viaggio straordinario a livello umano. Già dopo due ore alla scoperta del campo, avevo riempito la mia anima di cose da tenere in me per tutta la vita, e forse oltre. A cominciare da un' anziana signora che, vincendo la naturale ritrosia causata dal trovarsi di fronte uno sconosciuto ( a per di più con indosso una uniforme militare ) mi venne tranquillamente incontro poche ma significative parole: -"Siete i militari della Croce Rossa? Guardate un po' come siamo messi. Io sono anziana e sono rimasta senza un tetto, senza una casa, senza niente..."- e cominciò a piangere. Beh... Lì per lì cercai parole di conforto nel profondo dell' anima, ma non trovando niente di intelligente da dire, abbracciai la signora e - non appena mi fu possibile - mi ritirai in tenda in solitudine ritrovandomi a piangere come un bambino. Quelle parole erano pesanti come macigni, non sapevo come dare sollievo alle pene di quella povera anziana (che peraltro era solo la punta dell' iceberg e che riassumeva lo stato d' animo generale di tutti i residenti nel campo) ed il senso della mia inutilità era schiacciante. Cosa ci stavo a fare lì? Come avrei potuto riportare un sorriso dove neanche un miracolo (?) sarebbe parso probabile? Mamma mia come si sta male quando non si può aiutare - e sul serio - una persona.
Dopo un po' di riflessioni silenziose, andai a prendere una boccata d' aria fresca, incrociando sui miei passi un' altra simpatica anziana che, sorprendentemente, mi regalò un gelato che aveva appena acquistato: nonostante il mio stupore ed il mio garbato rifiuto in senso di complimento, la simpatica vecchietta insistette talmente tanto da farmi accettare quel suo dono così generoso e così inaspettato. Cose che succedono solo a Collemaggio.
Non ebbi tempo di terminare di gustarmi il mio fresco dono che un anziano di passaggio mi chiese informazioni su quella che fosse in genere l' attività della Croce Rossa Italiana e, per quanto mi fosse possibile, risposi in maniera esauriente alle sue domande, nonostante egli m' interrogasse con grande competenza e padronanza dell' argomento, quasi egli volesse verificare il mio reale grado di preparazione. La chiacchierata proseguì toccando altri temi quali le ormai lontane esperienze militari del vecchietto ai tempi dell' ultimo conflitto mondiale, argomento che ascoltai con grande interesse data la mia passione da sempre per le vicende belliche.
Ergo, dopo essermi congedato rispettosamente dal mio interlocutore, mi ritirai stanchissimo nella mia tenda abbandonandomi al sonno più profondo (non prima di essermi assicurato di avere messo i tappi di gomma alle orecchie, dato che avevo appena appreso di dover dividere la mia tenda con due russatori professionisti che mi avrebbero dato del filo da torcere.
Peraltro, nel corso della notte, il mio sonno venne disturbato da quel noiosissimo stimolo che ti costringe ad alzarti dal letto per andare ad espletare quell' odioso bisognino fisiologico che t'impedisce di proseguire la tua permanenza nel mondo dei sogni. C' è poco da dire: se non vai al bagno, non potrai continuare a dormire. Farsela addosso per la pigrizia non è una delle opzioni più praticabile, mentre lo scorrere del tempo rende lo stimolo sempre più forte e richiama alla realtà. Dannazione, mi metterei a pisciare nella bottiglia del capocampo pur di non alzarmi nel cuore della notte, con questo freddo che mi è entrato già nelle ossa.
L' ultimo colpo di coda della pigrizia è vinto, mi alzo e cerco i calzini (con questo freddo abruzzese non si scherza) prima di infilare le scarpe da tennis che mi sono portato appresso per le uscite in abiti borghesi nel tempo libero. Mi avvolgo nelle coperte a mo' di beduino e, dopo avere aperto cautamente l' ingresso della tenda, mi butto nelle tenebre della notte alla ricerca del modulo - cesso (ovvero un container adattato a ricoprire le funzioni di gabinetto da campo).
Malinconico nella notte, con l' andatura incerta di chi è profondamente rincoglionito dal sonno e non vede l' ora di tornarsene a letto, sembro una di quelle creature da incubo delle fiabe, di quelle che le mamme e le nonne usano per minacciare i bambini quando fanno i capricci. Dopo attimi che sembrano giorni, giungo infine al container dei cessi salgo la scaletta come un astronauta in procinto di salire a bordo dello shuttle e mi rinchiudo in uno dei gabinettini interni.
Dopo la mia pisciatina, me ne torno fiero e soddisfatto sui miei passi, soddisfatto come se avessi attraversato il deserto del Sahara (invece che aver persorso una cinquantina di metri in linea d' aria) e, tornato nel gradevole tepore della tenda, me ne torno lentamente nella mia cara brandina da campo.
L' indomani si comincia con i turni di guardia alla carraia (per chi non avesse dimestichezza con la terminologia militare, si tratta in sostanza di sorvegliare e presidiare l' ingresso principale (che tra l' altro era anche l' unico), chiedere i documenti alla gente in ingresso ed altre scocciature che però di fatto erano maledettamente necessarie per garantire la sicurezza a tutta la struttura.
Essendo solamente in quattro a sorvegliare la carraia - che doveva essere sorvegliata per tutte le 24 ore - organizzai una turnazione di 6 ore, ovvero ogni coppia di volontari (militari o civili) avrebbe avuto 6 ore di riposo, poi sei ore di guardia, seguite da 6 ore di riposo e così via. Ovviamente, quando una coppia di guardie era di guardie, l' altra era di riposo: un po' come l' alternanza tra il sole e la luna (cazzo, che esempione!)...
Quando io ero di riposo, in tutta sincerità il tempo era così poco e la stanchezza accumulata era tale che mi interessava solamente dormire; a chi mi diceva che quel giorno era prevista la visita di un vip (?) rispondevo in maniera vaga ed elusiva che probabilmente me ne sarei rimasto nella mia tenda a dormire.
In tal senso si può comprendere come mai, a chi mi dicesse: -"O, alle 11 viene Fini... Non lo vieni a vedere?"-, io rispondevo prontamente con pragmatismo toscano: -"Sinceramente m'importa una sega di lui e di tutti gli altri. Io me ne vado a dormire e mi dovete chiamare solo se al campo viene in visita Monica Bellucci o se danno fuoco alla tendopoli. Buonanotte!"-
E me ne andavo a dormire senza altro aggiungere.
Alla stessa maniera, quando furono annunciate le visite, per i giorni a seguire, del cardinale Bagnasco, Rocca (purtroppo solamente il commissario CRI, non il Maresciallo), la risposta fu sempre la stessa.
Un giorno meraviglioso, baciato dal sole, vennero i rinforzi dal Veneto: altri volontari CRI, pionieri, Infermiere Volontarie, Vds e militari arrivarono dalle sponde del Piave e dalla Laguna Veneta per dare una mano. Bellissimo, gente straordinaria con una marcia in più.
I colleghi militari li piazzarono nella nostra stessa tenda (essendo guarda caso militari anche noi) e, tra lo stupore generale, dai loro bagagli saltarono fuori miracolosamente ben due bottiglie di grappa (!!!!) da buoni veneti "razza Piave". Agli arrivi va segnalato anche quello altrettanto fondamentale del grossetano Andrea (anche lui del Corpo Militare CRI), autentico maestro della barzelletta da caserma e con miliardi di video ganzi scaricati sul telefonino. Insomma, risate, risate, risate. E scherzi (ovviamente) da caserma.
Infine venne il giorno in cui Berlusconi avrebbe consegnato le case agli abitanti di Onna e veniva conseguentemente organizzata una rappresentativa di volontari CRI desiderosa di partecipare a tale evento. In molti aderirono (quasi tutti Vds e Pionieri) ed io, da sempre refrattario a questo genere di cazzate televisive di sola apparenza, evitai di farmi appioppare l' unico posto di rappresentanza a disposizione del Corpo Militare: a questo ci pensò il capitano, dopo una breve consultazione tra di noi.
Ovviamente, mentre il personale del campo andava svuotandosi per partecipare alla suddetta manifestazione-farsa, i volontari rimasti (compreso il sottoscritto) colsero al volo l' occasione.
Senza farselo ripetere troppo. Tre ore di assoluta anarchia e festa, facendo un po' quel che cazzo ci pareva: la classica pacchia!!!!!!
Quando tornarono gli altri... ognuno di noi aveva l' aria innocente di un bambino, come se nulla fosse successo! In quell' occasione, con un moto di orgoglio, fondai ufficialmente il nostro nuovo reparto di elite: signori, erano appena nate le "Sturmtruppen del Corpo Militare C.R.I.": sembravamo usciti fuori da uno di quei film anni '70 con Alvaro Vitali, Lino Banfi, Gianfranco D' Angelo e Edwige Fenech e con noi il divertimento era assicurato.
Insomma, i giorni passarono felici, tra scherzi e lavoro duro tra i vari turni di carraia e logistica, con gli altri volontari c.r.i. che si dedicavano ai servizi di cucina, magazzino e pulizia dei bagni. Bravi ragazzi. Tutti con le palle ( e per quanto riguarda le femmine, diciamo invece che avevano un carattere d' acciaio visto che le palle in una donna ci stanno maluccio).
Ricordo inoltre il piacere di mangiare alla mensa di Collemaggio, una delle migliori se non la migliore in assoluto: anche per questo facevo scherzosamente notare alla giovane Sara che quando spariva un cane randagio dalla strada, stranamente la sera si mangiava carne a volontà. Misteri della cucina.
Alla carraia il tempo non passava mai, e quando il sonno aumentava in maniera insostenibile erano cazzi amari. A volte erano i cani a controllare i documenti ai visitatori e noi militari abbaiavamo alle macchine di passaggio nei dintorni.
I primi giorni la gente era anche comprensibilmente irritata, visto che non è proprio gradevole sentirsi chiedere di esibire un documento d' identità, ma poi bene o male ci sono venuti un po' incontri e non s' incazzavano quasi mai.
Ma nel turno pomeridiano c' era sempre modo e maniera di parlare e scherzare con alcuni dei bambini e ragazzi del campo, che si avvicinavano alla carraia anche per ammazzare un po' la noia: come non parlare di Simone, giovanissimo talento della computer grafica (e Blender!), della bellezza hispanica-aquilana Janet, delle bellissime maestre (e gemelle) del campo, della giovanisima Bea e dei tanti, tantissimi giovani colleghi volontari che si ammazzavano di lavoro e trovavano sempre il tempo di aiutare gli altri (tipo il mitico Gregorio, tra gli altri).
I tanti cani randagi che abitavano il campo, da Pluto a Bianca passando per Pippo e Principessa, sempre in cerca di una coccola senza chiedere niente in cambio. Le dolcissime colleghe Infermiere Volontarie e tutto quello che mi porterò sempre nel cuore.
All' improvviso, dopo giorni di armonia e lavoro soddisfacente, alla segreteria del campo arrivò un fax che ordinava il trasferimento di noi militari da Collemaggio agli altri campi sparsi intorno a L' Aquila e provincia. Chi ad Avezzano, chi a Paganica e chi altrove.
Io ero stato trasferito al Campo Base a L' Aquila: per intenderci quello grande e immenso che avevo visto il primo giorno, quello dell' arrivo in Abruzzo e presso il quale avevo fatto la mia prima registrazione. Tra l' altro in compagnia di sua simpatia il capitano XXXXXXXXXX. Che culo, vero? Eppure gli altri mi dicevano che il Campo base era il meglio che ci fosse, che mi sarei trovato da Dio, che era pieno di splendide fanciulle, etc... Ma quanto mi manca la gente di Collemaggio !!!! Ah, celeste nostalgia... come diceva Cocciante.
In realtà, destino volle che quella sera stessa mia moglie mi telefonò dicendomi che via mail era arrivata una offerta di lavoro degna di considerazione e - considerando nel complesso la situazione - decisi di anticipare il mio rientro di qualche giorno.
Appena il tempo di conoscere gli straordinari colleghi romani del IX Centro di Mobilitazione (che sembrano tutti usciti da un film di Tomas Milian e Bombolo, "tacci loro") tra i quali spicca il grande Demetrio ed alcuni colleghi della zona di Palermo e Catania, con una menzione per il tenente Basilotta, personaggio unico in tutti i sensi.
Insomma, un' esperienza bellissima che mi ha lasciato nel cuore una galassia di tesori da fare invidia a Zio Paperone. Evviva l' Abruzzo, evviva l' Italia, evviva la Croce Rossa Italiana !!!!!